Consiste nell’attestazione, resa da un pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell’identità della persona che sottoscrive (art. 1, DPR 445/2000).

 

Diversamente dal notaio, il funzionario comunale non ha un potere generalizzato ma può autenticare firme solo nei limiti dell’incarico ricevuto dal Sindaco e solo se previsto da una norma di legge o di regolamento. Si riporta un elenco di casi in cui il funzionario incaricato dal Sindaco può autenticare firme.

  • Istanze o dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà (ossia dichiarazioni concernenti stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato) presentate a soggetti diversi dagli organi della pubblica amministrazione e dai gestori di servizi pubblici o a tali organi e gestori al fine della riscossione da parte di terzi di benefici economici (art. 21, DPR 445/2000)
  • Passaggi di proprietà di beni mobili registrati
  • Autenticazioni in materia elettorale non riservate al notaio (art. 14, legge 53/1990)
  • Firma sulla busta contenente la scheda di votazione per le elezioni di ordini professionali (art. 3, DPR 169/2005)
  • Autentiche previste dal codice di procedura penale, quali, ad esempio, nomina del difensore, presentazione della querela, etc. (art. 39, D.Lgs. 271/1989)
  • Autentica delle firme sul consenso scritto degli aspiranti all’adozione (art. 31, legge 184/1983)
  • Autentica di firma su quietanze liberatorie relative al pagamento di assegni (art. 8, legge 386/1990)
  • Autentica di firma, da parte del coniuge o dei parenti del defunto, sull’atto di volontà alla cremazione (art. 79, DPR 285/1990)

Il dipendente comunale non può autenticare firme su tutte quelle manifestazioni di volontà di carattere negoziale intercorrenti fra privati ovvero inerenti rapporti privatistici quali ad esempio le accettazioni, rinunce di incarichi o le procure. È esclusa la competenza dell’impiegato comunale ad autenticare la firma sulla testimonanza scritta nell’ambito del processo civile, riservata invece al segretario comunale o al cancelliere di un ufficio giudiziario (art. 52, legge 69/2009).

Schede correlate

Autentica di copia

Autocertificazioni/autodichiarazioni

L’autenticità della sottoscrizione di un documento - deve trattarsi di istanza o dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà - da produrre agli organi della pubblica amministrazione, nonché ai gestori di servizi pubblici è garantita con queste modalità: l’interessato firma in presenza del dipendente addetto oppure presenta il documento unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità (art. 38, DPR 445/2000).

Se il documento è presentato a soggetti diversi da quelli sopra indicati o a questi ultimi al fine della riscossione da parte di terzi di benefìci economici, l’autenticazione è redatta da un notaio, cancelliere, segretario comunale, dal dipendente addetto a ricevere la documentazione o altro dipendente incaricato dal Sindaco.

I documenti per i quali viene chiesta l’autenticazione della firma devono essere scritti in italiano (che, ai sensi della legge 15.12.1999, n. 482, è la lingua ufficiale della Repubblica). Non si autenticano firme su dichiarazioni scritte in lingua straniera. Qualora ricorra questa necessità, si consiglia di chiedere l’autentica della firma sulla dichiarazione in italiano e, successivamente, quanto alla traduzione nella lingua straniera, rivolgersi alle competenti autorità dello stato in cui si intende far valere il documento.

L’autenticazione della firma da parte di un pubblico ufficiale è soggetta all’imposta di bollo.

Requisiti d’accesso

Nessun requisito previsto per l’utente.

Modulistica da utilizzare

Documenti da presentare o allegare

Esibizione di un valido documento di riconoscimento: chi firma deve farsi identificare.

Adempimenti e costi a carico dell’interessato

L’autentica della firma è soggetta all’imposta di bollo (16 euro).

A chi rivolgersi

Ufficio relazioni con il pubblico

Tempi

Di norma, rilascio immediato.

È utile sapere che...

La firma a stampatello su atti pubblici o documenti privati è legittima.

Sottoscrizione da parte di ciechi, sordi e di chi non sa o non può firmare. In caso di cecità si applica la legge n. 18 del 1975, per cui la sottoscrizione si effettua con un segno di croce. Se l’interessato non è in grado di sottoscrivere con un segno di croce, dovrà essere riportata la dicitura “impossibilitato a sottoscrivere”, accompagnata dalla sottoscrizione di due testimoni fiduciari della persona impossibilitata, identificati tramite esibizione del documento di identità in corso di validità i cui estremi vanno riportati nel testo dell’autentica (in alternativa, va allegata fotocopia del documento di identità). Negli altri casi di soggetti che non sanno o non possono firmare per causa impeditive diverse dalla cecità, si fa riferimento all’art. 4 del DPR n. 445 del 2000, per cui il pubblico ufficiale, previo accertamento dell’identità del dichiarante, attesta nel testo dell’autentica l’impedimento a sottoscrivere.

Più firme sullo stesso documento. L’imposta di bollo va assolta una sola volta se tutte le autentiche avvengono contestualmente; in caso contrario, ossia quando le firme sono apposte in momenti successivi, occorre un bollo per ciascuna autentica (cfr Comune di Mirandola, anche qui).

Risorse web sulla legge 15/1968

Riferimenti normativi (attenzione: il testo delle norme collegate NON è ufficiale e potrebbe NON essere aggiornato)

Note

Consiglio di Stato, V Sezione, 31 maggio 2007, n. 2817
« Nessuna norma generale definisce in modo più preciso i caratteri della “firma” o della sottoscrizione rilevante nella redazione di atti pubblici o di documenti privati.
La sottoscrizione, in senso tradizionale, è considerata l’insieme dei segni grafici ed autografi idonei a riferire un determinato documento ad un distinto soggetto, il quale, mediante l’apposizione di tali segni grafici, se ne assume la paternità.
In analoga prospettiva dottrinaria, la firma deve evidenziare un proprio significato obiettivo, qualificandosi come segno autografo mediante il quale il soggetto fa proprio il contenuto di un testo.
Secondo la dottrina, quindi, la sottoscrizione svolge tre funzioni essenziali: indicativa (mira a individuare l’autore del documento), dichiarativa (comporta l’assunzione di paternità dell’atto) e probatoria (definisce l’autenticità del documento).
Per assolvere a queste tre funzioni, alla sottoscrizione sono spesso associate tre caratteristiche essenziali: l’autografia, la nominatività e la leggibilità.
Secondo la prevalente dottrina, poi, il carattere dell’autografia importa che debbano essere usati mezzi i quali rivelino il movimento grafico della mano (anche a caratteri stampatelli), con la sola esclusione di mezzi meccanici di qualsiasi tipo.
La presunta inidoneità dello stampatello ad assolvere alle funzioni proprie della firma autografa, peraltro, pur in mancanza di apposite prescrizioni normative, è talvolta collegata alle particolarità tipiche di tale grafia che, secondo la definizione comune, è un tipo di scrittura a caratteri distanziati, per lo più maiuscoli, che imita il carattere della stampa. Invece, il carattere corsivo sembra riflettere maggiormente quello che è l’ideale della sottoscrizione autografa, ovvero la scritturazione “senza soluzione di continuità”. Tale dato sarebbe maggiormente idoneo, per sue caratteristiche, a riflettere la “personalità del sottoscrittore”, garantendo, al tempo steso, la verifica dell’autenticità del segno grafico e la sua effettiva paternità.
In questa prospettiva, si afferma che il carattere stampatello risulterebbe, per sua natura, impersonale e asettico e pertanto, in ultima istanza, meno atto a comportare l’assunzione della paternità di un documento. In tal modo, però, si passa da una considerazione strettamente normativa dei requisiti della sottoscrizione ad una valutazione sviluppata secondo le scienze della grafologia, dirette, prevalentemente, a stabilire le relazioni tra la scrittura e la personalità dell’autore.
Senza dire, inoltre, che pure il carattere stampatello, in concreto, potrebbe rilevarsi molto più personale e caratterizzato di numerose grafie effettuate con lo stile corsivo.
In mancanza di apposite norme che definiscano i requisiti stilistici della sottoscrizione, allora, si deve svolgere la seguente considerazione sistematica. L’unico dato certo è che, a parte i peculiari caratteri assunti ora dalla “firma elettronica”, in apposito contesto normativo, la firma si caratterizza per l’autografia della sua formazione e dalla sua attitudine ad evidenziare un qualche elemento di identificazione, anche allo scopo di prevenire possibili abusi o vere e proprie falsificazioni.
In tale quadro, però, non è possibile affermare, a priori e in modo generalizzato, che la firma debba essere necessariamente redatta in carattere corsivo (o prevalentemente corsivo), come sottolineato dalla dottrina civilistica più autorevole.
Si può affermare, forse, che, in linea tendenziale, esista una preferenza per tale tipo di redazione della firma, particolarmente evidente quando sono previsti appositi meccanismi di verifica della sottoscrizione, rapportata a modelli predeterminati (i campioni o “specimen” della firma degli assegni, delle carte di credito; la firma depositata del notaio e di altri pubblici ufficiali). Ma, anche in tali casi, la necessità della firma in carattere corsivo deriva, essenzialmente, dalla corrispondenza con il modello predeterminato e non dalla inidoneità, in sé, del carattere stampatello.
La riscontrata preferenza, poi, potrebbe essere collegata alla prassi (soprattutto notarile, ma anche di altri pubblici ufficiali), di invitare gli interessati a firmare nel modo abituale, purché leggibile, sconsigliando di utilizzare il tipo dello stampatello.
È significativo, poi, che la giurisprudenza del giudice ordinario abbia ammesso l’idoneità della sottoscrizione in stampatello, sia pure in una fattispecie di atto sottoscritto da cittadino straniero di lingua madre non occidentale. In tal caso, peraltro, il principio di diritto affermato ha assunto portata generale, non circoscritta alla particolare difficoltà dell’interessato di utilizzare la lingua e i caratteri italiani.
Secondo tale autorevole precedente, “la sottoscrizione di un atto, sia essa finalizzata ad individuare l’autore del documento (del quale il sottoscrittore, artefice o meno che sia del testo, ne assume la paternità), sia essa tesa ad attestare l’intervento all’atto sottoscritto, deve essere autografa, per tanto intendendosi che deve essere redatta di pugno da colui che risulta sottoscrittore. Ne consegue che l’autografia non viene meno qualora l’autore della firma scriva il proprio nome e cognome in lettere maiuscole, o, anche, “a stampatello”; né rileva che il sottoscrittore sia in grado di scrivere in corsivo, come usualmente la sottoscrizione viene vergata” »

(fonte: http://autonomielocali.regione.fvg.it)

 

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