I segni della memoria
Nel territorio di Campogalliano i cippi, le steli e i monumenti che ricordano la guerra partigiana sono molti, perché grande è il rapporto del paese con questo periodo della sua storia e forte è ancora oggi la memoria. Nella guerra partigiana a Campogalliano erano attive la brigata “Diavolo” e la brigata” Bonacini”, ma erano le famiglie, le donne, i vecchi che organizzavano i collegamenti con i partigiani nascosti sulle montagne, che, trasportando merci e persone verso le colline reggiane e nascondendo fuggitivi nelle case, hanno rappresentato l’anima locale e popolare della Resistenza. Questi segni sono per lo più in campagna, spesso isolati dalle case, talvolta all’interno rispetto alla strada, a sottolineare il rapporto di questa generazione e di questa terra con la natura e la campagna.
Il nostro piccolo itinerario della memoria parte in via San Martino, all’incrocio con via Ometto, dove si trova un cippo in pietra che ricorda la morte di Carlo Dallari di Panzano (Pepo), professione contadino, morto il 23/30 (esistono date differenti) aprile 1945 nel tentativo di disinnescare una bomba. Più all’interno in via Ometto, accanto al pilone dell’alta tensione c’è una croce in ferro, che ricorda lo stesso evento, probabilmente troppo lontana dalla strada, segna, però il punto esatto dove il fatto è avvenuto. Pochi metri più a sinistra proseguiamo per un viottolo sterrato di circa 100 metri che si congiunge con via Zucchini, attraverso la quale arriviamo su via Rubiera.
Proprio all’incrocio con via Albone c’è un secondo cippo: qui sotto un cespuglio di olivetto c’è una stele con targa in marmo, che ricorda la morte di Enzo Lelli (Marco) e Vittorio Bonacini (Gianni), morti in combattimenti il 22 aprile 1945. Il primo, bolognese, era nato nel 1913, il secondo di Campogalliano, autista, aveva 34 anni. L’episodio nel quale trovarono la morte è legato alla Villa De Pietri, allora Vaccari, vicino alla quale si trova il cippo. Alcuni tedeschi si erano rifugiati nella villa al passaggio dell’esercito di liberazione, ci fu uno scambio di fuoco nel quale rimasero uccisi i due giovani.
Tornando verso Campogalliano prendiamo la strada per Carpi e sotto al cavalcavia sull’autostrada prendiamo a sinistra, per via della Chiesa. Qui, circa 150 metri dopo la chiesa, sulla destra, troviamo un cippo in marmo, rettangolare, sovrastato da una croce. Il cippo è lontano dalle case, posto in un campo, relativamente vicino alla strada.Qui si ricordano Enea Ronzoni (nato a Panzano nel 1924) e Ferdinando Ori, nato a Campogalliano nel 1922. Entrambi appartenenti alla brigata partigiana Bonacini, furono fucilati qui il 17 novembre 1944. Il più giovane aveva solo 20 anni, l’altro 22. Ori era contadino e viveva vicino alla Chiesa, Ronzoni poco più lontano. Andarono a casa una notte, scendendo dalle montagne dove si trovavano con i loro compagni partigiani. Ori forse per salutare la fidanzata che aspettava un bambino e con la quale si stava per sposare. Furono vittime di una imboscata e fucilati lì, vicino alle loro case.
Torniamo verso via Canale Carpi e in direzione Carpi. Poco prima dell’incrocio con via Argine Panzano, dopo una casa, sulla destra, troviamo il piccolo monumento ad Adalciso Lodi e Vittorino Rustichelli. Questi era nato a Panzano nel 1907 e faceva il contadino. É stato fucilato dai nazifascisti il 29 marzo 1945, mentre si trovava nei campi a lavorare L’altro, nome di battaglia Lupo, nato a Modena nel 1923 aveva trovato la morte pochi giorni prima, sempre per mano dei nazifascismi, che avevano saputo da qualcuno dove si nascondeva. Lasciò una giovane moglie.
Prendiamo poi via Argine di Panzano, la percorriamo fino all’incrocio con via Nuova, dove svoltiamo a sinistre e dopo pochi metri c’è il cippo che ricorda la morte di Guaitoli Zeno il 24.2.1945. Il cippo si trova all’interno di una siepe di bosso, sulla strada. Torniamo indietro su via nuova, nella direzione opposta verso Saliceto Buzzalino. Dopo la chiesa , di fronte al cimitero vi sono due cippi : il primo è un pilastro in laterizio, inserito in un rettangolo di siepe, con un bassorilievo in marmo che ricorda un combattimento svoltosi qui il 28 settembre 1944 , in cui morirono Olivo Righi, 21 anni di Carpi, di professione garzone di un casaro e Aldo Guidetti, 33 anni di Campogalliano, medaglia d’argento al valor militare alla memoria, Comandante di Formazione Partigiana. Quel pomeriggio, durante la vendemmia, attaccarono insieme alla loro brigata un gruppo di Brigate nere che passava sulla strada. Uno dei due morì subito, l’altro per le ferite riportate. Poche decine di metri più avanti, proprio di fronte al Cimitero c’è un cippo in cemento, rialzato, che ricorda la morte di quattro giovani, tutti fucilati qui il 20 settembre 1944. Il primo, Lino Storchi, di Campogalliano, nome di battaglia Marco faceva il salumiere, aveva 21 anni. Il secondo, di Modena, Osvaldo Grandi , fornaio, nome di battaglia Riccio. Franco Castelli, di Maranello, 25 anni, appartenente alla 14a brigata Remo ed infine, Dino Corradi, di Concordia del 1915, nome di battaglia Gianni, appartenente alla stessa brigata partigiana. Furono tutti arrestati in vari rastrellamenti e dopo essere stati incarcerati a Modena per un certo periodo, furono portati lì per essere fucilati, dopo una breve sosta nel paese.
Torniamo a Campogalliano, dove all’incrocio fra via Di Vittorio e via Roma c’è il monumento alla Resistenza. Realizzato nel 1974 da Ettore de Conciliis, ricorda tutti gli episodi e le persone legate alla guerra di liberazione. Il progetto nasce da un concorso al quale parteciparono tutti i ragazzi delle scuole medie di Campogalliano, ne scaturirono dei disegni, dai quali come un collage, l’artista trasse il disegno finale del monumento.
L’autore, nato ad Avellino, ha lavorato molto all’estero e ha vissuto sia negli Stati Uniti sia in Messico, dove ha approfondito la sua tecnica nel Murales. Attualmente vive a Fiano Romano, dove nel 1972 ha fondato il Centro di Arte Popolare. Fra le sue opere più significative ricordiamo il Memoriale di Portella della Ginestra, commissionatogli nel 1980 dalla regione Sicilia, primo esempio italiano di land–art extra urbana.